Disney Anthology #0 |`Frozen` di Chris Buck e Jennifer Lee • Beware the frozen heart

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Che cos’è l’amore? Nel corso dei decenni, la Walt Disney Company sembra aver intrapreso un vero e proprio percorso di ricerca per trovare la risposta a questa eterna e cruciale domanda. E’ risaputo, infatti, come sia stato proprio il potere del “vero amore” il deus ex machina, il motivo risolutore di molte fiabe trasposte sugli schermi dallo studio d’animazione.  E’ assolutamente il caso di `Biancaneve`, ad esempio, il primo lungometraggio prodotto, dove la dolce fanciulla, dalla pelle candida e dalle labbra rosse come il sangue, è in grado di risorgere da una morte apparente proprio grazie al bacio del vero amore; e che dire di Cenerentola, il piedino più grazioso del regno, capace di calzare perfettamente la scarpetta di cristallo e  guadagnarsi in questo modo la mano del principe che per tanto a lungo l’aveva cercata.

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Quello delle “principesse Disney” sembrava un archetipo ormai definito da molti anni, cristallizzato in un sistema di codici ideologici ed estetici tipicamente americani e ben noti anche agli spettatori d’oltreoceano. Gli attribuiti sono tanto visivi, quanto narrativi e musicali: l’eroina è riconosciuta dal momento in cui scioglie i suoi lunghi capelli al vento, quando canta nella foresta o quando sogna qualcosa che è ben oltre la sua portata. Allo stesso modo, il suo universo morale è costruito contrapponendo personaggi buoni a cattivi estremamente riconoscibili; a parte pochissime eccezioni, infatti, streghe, stregoni, matrigne e sacerdoti vodoo si conquistano la parte di antagonisti, mentre le principesse, i loro aspiranti pretendenti e piccoli e simpatici compagni animali si identificano immediatamente come le eroine e i paladini del Bene. Sebbene nel corso degli anni tali specifiche siano state aggiornate, riviste e rielaborate per conformarsi a un’ideologia più contemporanea, l’essenza della formula Disney per le proprie protagoniste e le loro storie è rimasta pressoché intatta.

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Tutto questo fino al 27 novembre 2013, quando gli studi animati Disney rilasciano sul mercato il loro 53° classico e l’ultimo tassello del brand “principesse”, ossia `Frozen – Il Regno di Ghiaccio`.  Il film, realizzato in computer grafica e diretto a quattro mani da Chris Buck e Jennifer Lee, sbanca al botteghino, realizzando il maggiore incasso della storia del cinema nella sua categoria e, seguentemente, aggiudicandosi due Oscar, come miglior prodotto d’animazione e miglior canzone.
Cosa ha potuto promuovere un tale travolgente successo? Cosa ha reso `Frozen` un vero e proprio capolavoro di genere?

Le premesse per un trionfo di cliché vi sono effettivamente tutte: le protagoniste, infatti, non sono una, ma ben due principesse, e il motore di tutto, ancora una volta, risulta il consumato e abusato tema del “vero amore”. Eppure, con il procedere della visione, `Frozen` si rivela essere molto più di tutto questo, arrivando a sovvertire punto dopo punto la tradizionale rappresentazione della favola d’amore,  rinnovando il tema con profonda comprensione e delicatezza. Caratterizzato da una rappresentazione sensibile del trauma emotivo, un approccio rivoluzionario al genere della fiaba e un ritratto profondamente progressista dei suoi personaggi femminili, `Frozen` raccoglie il testimone lasciato dai suoi predecessori, prendendo nuove coraggiose direzioni e volando aldilà della percezione ampiamente accettata del film d’animazione come mera fonte di sicuro e ripetitivo intrattenimento per bambini.

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Liberamente ispirato a `La Regina della Nevi` di Hans Christian Andersen, `Frozen` ne rielabora intreccio e contenuti, mantenendo tuttavia intatto il senso di ancestrale magia che pervade la narrazione e il cuore del messaggio morale. La fiaba di Andersen, infatti, costituisce una magnifica metafora dell’eterna contrapposizione fra la forza del cuore e la gelida dittatura dell’intelletto che, con la sua critica priva di calore, promette vane certezze e paralizza i rapporti umani. `La Regina delle Nevi` rappresenta il segreto augurio di come l’amore, inteso quale profonda comprensione e fiducia incondizionata nelle capacità dell’altro, sia in grado di vincere le seduzioni di un sapere senza anima che, oggi come ai tempi di Andersen, minaccia di raffreddare i nostri cuori. E’ una fiaba che ci incoraggia a compiere un lungo viaggio per andare là, dove vi è qualcuno prigioniero delle nevi, e, con la forza dell’affetto e della bontà, uscirne insieme. Un messaggio d’amore universale, quindi, ma soprattutto l’invito a essere solidali con il nostro prossimo.

Molti elementi peculiari dell’opera di Andersen, quali lo specchio rotto attraverso il quale il prigioniero delle nevi Kay vede il mondo in negativo e l’ottimismo, l’amore e la forza della protagonista Gerda, sono ancora presenti nel lungometraggio Disney, sebbene trasformati in altro, in situazioni forse più facili da comprendere per il pubblico, ma non per questo meno ricche di profondità e significato.

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Il film inizia, come ogni opera musicale che si rispetti, con una canzone che, anche in questo caso, è molto più di quanto possa apparire al primo ascolto.  `Frozen Heart` è, in particolare, un brano estremamente violento per un film di principesse: è cantato da un gruppo di raccoglitori di ghiaccio, intenti a spogliare un lago congelato dalla sua generosità. Il suono delle loro seghe e del ghiaccio frantumato fornisce il battito alla canzone, che si accresce e si fa più inteso con l’avanzare della sequenza,  la quale si rivela nient’altro che una vera e propria profezia di quanto avverrà dopo. Gli uomini avvertono dei pericoli e della bellezza del ghiaccio, nato dal freddo e dalla pioggia delle montagne, il quale contiene una magia che non può essere controllata, più forte di uno, di dieci, di centinaia di uomini! Occorre quindi tagliare, separare, frantumare, in nome dell’amore e in nome della paura, perché vi è bellezza e vi è pericolo all’interno di un cuore congelato. A chi o a cosa, dunque, i minatori del ghiaccio ci impongono di fare attenzione? E chi è veramente il possessore del temibile cuore di ghiaccio? `Frozen` fornirà una risposta clamorosa a questa domanda, ma solo in conclusione ad una storia dotata di una complessità emotiva quale la Disney da molti anni era incapace di offrire.

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Protagoniste di tutte le vicende sono due sorelle, Anna ed Elsa, che il destino ha portato essere diversissime fra loro; tanto quanto Anna è ottimista, solare, fiduciosa e sempre pronta a sacrificarsi per il bene del prossimo, tanto Elsa rifugge dalla compagnia altrui e solo nella propria solitudine è in grado di sentirsi veramente libera: terrorizzata da anni passati a nascondersi per celare il potere che la rende in grado di manipolare il ghiaccio e il freddo, è incapace di vedere un lato positivo nel proprio futuro e ciò la porta ad allontanarsi anche dalle persone che ama di più, come la sua stessa sorella. Diverse come l’estate e l’inverno, eppure, proprio come la due stagioni, indispensabili l’una per l’altra. E’ quando Anna e Elsa sono insieme che, infatti, siamo in grado di scorgere la loro vera natura: le barriere caratteriali, il rancore e la paura si abbattono, per dimostrare come anche le persone più diverse abbiano tutte bisogno della stessa cosa, ovvero di essere amate. E’ questa necessità comune, universale, che i personaggi di `Frozen` inseguiranno per tutta la narrazione, mascherata come un necessario viaggio di ricerca per salvare la cittadina di Arendelle dal suo destino “congelato”.

Detto ciò, `Frozen` non rigetta completamente il paradigma della principessa disneyiana, o, almeno, non inizialmente. La giovane Anna, infatti, ai suoi esordi viene presentata nelle tradizionali vesti di eroina delle fiabe: abiti vaporosi, capelli accuratamente acconciati e una visione ingenua della vita unicamente tesa a incontrare il proprio unico “vero amore”. A tal proposito, se `Let it go` si presenterà come la canzone chiave in grado di descrivere il punto di vista di Elsa, allo stesso modo `For the first time in forever` è il brano perfetto, in questo frangente, per comunicarci i sogni e le segrete ambizioni di Anna.

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La sequenza si svolge nel giorno dell’incoronazione di Elsa che, dopo aver trascorso la sua intera vita chiusa in una stanza, deve improvvisamente esporsi al giudizio del suo popolo e accettare visitatori nel suo palazzo. Tale prospettiva è per lei terrificante, mentre per Anna rappresenta il momento tanto atteso per anni: `For the first time in forever` è, infatti, una luminosa e irrefrenabile esplosione di gioia e di ottimismo, che riporta alla memoria gli accenti sognanti di `Part of your world` de `La Sirenetta`; «ci saranno persone reali, sarà veramente strano» canta Anna euforica come lo fu Ariel, «ma, wow, sono assolutamente pronta per questo cambiamento!».

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Ciò che veramente Anna sta agognando, tuttavia, è l’amore, che suo malgrado andrà a ricercare in posti completamente sbagliati – un altro tratto caratteriale abbastanza raro nei film Disney, dove le eroine sono di solito immediatamente in grado di individuare “quello giusto” a cui offrire tutte se stesse. Dopo aver vissuto per così tanto tempo sola, infatti, Anna è giunta a costruire per se stessa un mondo di fantasia di natura prettamente “disneyana”, uno scenario ideale che potrebbe essere direttamente estrapolato da una sequenza di `Cenerentola` o de `La Bella Addormentata`. Tutto questo è rappresentato dalle parole della canzone, inneggiati a una donna «ritratto di sofisticata grazia», e dai suoi gesti, volti ad imitare alla perfezione gli atteggiamenti delle figure femminili rappresentate nei quadri del palazzo, giovani belle e passive dallo sguardo adorante nei confronti del proprio uomo.

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Tagliata fuori dal resto dell’umanità fin dall’infanzia, Anna ripone in esse la sua visione di perfetta femminilità, ma, allo stesso tempo, attraverso le sue azioni, è in grado di rivelarci alcuni tratti salienti di quella che in realtà è la sua vera natura. `For the first time in forever`, infatti, ci permette di compiere un passo ulteriore, portandoci ad indagare quale sia la vera identità della nostra protagonista, ben lontana dagli ideali fiabeschi a cui lei aspira: Anna è in realtà goffa e pasticciona, inciampa e si abbuffa di cioccolatini, fa battute fuori luogo e si mette nei guai; non è la principessa passiva dei suoi quadri, ma, al contrario, è una sognatrice, un’avventuriera, una giovane donna determinata che non penserà due volte ad inoltrarsi in lande desolate e ghiacciate, esponendosi ad infiniti pericoli, per amore di sua sorella Elsa. Sebbene a parole Anna invochi il suo principe azzurro per essere salvata, con le sue azioni dimostra come in realtà non ne abbia alcun bisogno.

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Inoltre, proprio Anna, così concentrata su come ottenere l’amore e la compagnia per tanto tempo desiderati, sarà la responsabile dell’escalation di avvenimenti che spingeranno Elsa a manifestare i suoi poteri e a fuggire terrorizzata fra le montagne, lasciando il suo regno nelle mani del “vero” cattivo. E’ una differenza cruciale rispetto a tutti gli altri lungometraggi Disney: `Frozen` ,infatti, mette la sua eroina di fronte ai propri errori, esponendola completamente agli sbagli commessi, a cui infine dovrà necessariamente porre rimedio. Sarà proprio a questo punto che, infatti, Anna arriverà a compiere una scelta cruciale, decidendo di mettere da parte il proprio egoismo per amore di qualcun altro; senza alcuna esitazione, ella abbandonerà i sogni e le aspettative per lei  un tempo così importanti per intraprendere un lungo viaggio, volto sia a ritrovare la sua cara sorella che, al contempo, a scoprire la sua vera identità.

Anna, tuttavia, non sarà l’unico personaggio ad essere chiamato a espandere i propri orizzonti e a cambiare le proprie prospettive di vita; allo stesso modo, infatti, la sorella maggiore Elsa dovrà affrontare un’analoga sfida, che la porterà a superare le proprie paure e ad affrontare quello che, spesso, è il peggior nemico a cui ognuno di noi è costretto a far fronte: se stessi.

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Abbracciata dalla comunità LGBT e considerata il vero punto di forza dell’intera pellicola, Elsa, a differenza di Anna, è nobile e sofisticata, sensibile e ben educata, qualcosa di completamente diverso dalle eroine che la Disney è sempre stata solita a proporre. La sua storia è, invero, tanto semplice quanto tragica: a causa di un fortuito incidente che la portò, ancora bambina, quasi ad uccidere la propria sorellina, Elsa fu costretta a nascondersi per anni, isolata in una stanza e terrorizzata da un qualsiasi contatto umano, decisione impostale dai genitori che, commettendo un tragico errore, preferirono celare il suo potere piuttosto che cercare di controllarlo. Elsa, quindi, condannata alla solitudine e a esercitare su se stessa uno spietato autocontrollo, giunge ad alimentare una “tempesta” interiore che esploderà in tutta la sua devastante potenza il giorno della sua incoronazione, portandola letteralmente a congelare, seppur in maniera involontaria, tutto il suo regno.

Sebbene possano esservi molte Anna da qualche parte là fuori, chiunque abbia sperimentato il dolore e la frustrazione nel sopprimere una parte della propria natura è in grado di riconoscersi in Elsa. Gli sceneggiatori Jennifer Lee, Shane Morris e Chris Buck compiono un lavoro splendido sulla figura della regina delle nevi, rendendola la paladina di tutti coloro che, nel corso delle proprie esistenze, sono stati indotti a nascondere un parte di se stessi, per paura del rifiuto, dell’emarginazione sociale o del fallimento; Elsa incarna tutto questo, arrivando a rappresentare con rara delicatezza la paralizzante angoscia emotiva che una persona può provare se costretta in un isolamento forzato, la mancanza di fiducia nelle proprie capacità frustrate e il malessere di una condizione senza scampo.

Tutto questo è, di nuovo, splendidamente illustrato da una canzone, il pezzo principe di tutta la colonna sonora di `Frozen`, ossia `Let it go`, la coinvolgente power ballad capace di scalare le classifiche di tutto il mondo e di guadagnarsi un Oscar, forte anche della straordinaria interpretazione da parte di Idina Menzel.

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Molto si è scritto su `Let it go`, soprattutto nel sottolineare la sua efficacia quale brano “liberatorio” e di “potenziamento”, un inno alla propria identità e una celebrazione giubilante di libertà per tutti coloro costretti a vivere nella paura o nella schiavitù dei sentimenti. Nulla di così innovativo, quindi, alla pari con altri pezzi d’autore firmati Disney, nei quali eroi ed eroine esprimono i propri sogni, le proprie speranze e la propria determinazione nel renderli realtà. Eppure, considerare `Let it go` unicamente come un brano di “empowerment” equivarrebbe a privarlo della sua profondità e finezza; la potenza della canzone, infatti, non deriva tanto dalla sua natura positiva o edificante, ma piuttosto da come perfettamente sia in grado di inserirsi all’interno della narrazione generale.

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Siamo a circa un quarto della pellicola: i poteri di Elsa sono stati scoperti ed ella è fuggita fra le montagne di Arendelle per evitare la persecuzione. Sola e spaventata, la ragazza si rende conto di essere diventata la regina di un «regno di solitudine»: il vento ruggisce come la tempesta che imperversa dentro al suo cuore, una furia che non è riuscita a contenere, seppure abbia tentato di farlo con tutta se stessa. Non importa quanto lei si sia impegnata a nasconderla, ora la sua vera natura è stata esposta agli occhi di tutti. E’ a questo punto che,  come un vero e proprio “vulcano ricoperto di neve”, Elsa decide di liberarsi di ogni condizionamento impostale: cantando di identità e autorealizzazione, elimina uno ad uno tutti gli ornamenti della sua vita precedente, sciogliendosi i capelli, gettando via la propria corona e trasformando il proprio austero completo regale in un abito di cristallina bellezza; promettendo di mettere il proprio doloroso passato alle spalle, la novella regina lascia libero sfogo ai propri poteri e ai propri sentimenti, arrivando a modellare con le sue stesse mani uno splendido palazzo di ghiaccio, in cui potrà vivere lontano da tutto e da tutti, sola, ma finalmente libera di essere se stessa.

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La musica di Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez e le immagini che Jennifer Lee plasma sulle parole di Elsa esaltano al massimo l’irrompere dei suoi poteri, eppure, ad una visione più attenta, sottolineano quanto l’eroina si trovi in realtà sull’orlo di un baratro. Certo, Elsa ora è “libera”, in quanto non è più obbligata a nascondere la sua magia, eppure la sua emancipazione ha richiesto un alto scotto da pagare, sebbene ella non sembri ancora rendersene conto. Sì, `Let it go` è un brano di riscatto e di affrancamento, ma al suo interno vi si può leggere anche la tragedia, la rabbia, l’amarezza e una buona dose di autoinganno; non segna per Elsa la completa rivendicazione della sua identità o l’apoteosi della sua indipendenza, ma, al contrario, sottolinea quanto la regina della nevi sia in grave pericolo di perdere se stessa: ella si innalza, ma solo per arroccare il proprio castello in cima ad un alto precipizio, erigendolo con la forza della disperazione e chiudendo le proprie porte in faccia al mondo.

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`Let it go` fu originariamente concepito come un brano dai tratti tutt’altro che positivi: Elsa, infatti, doveva rappresentare l’antagonista dell’intera vicenda e solo successivamente il suo ruolo venne sviluppato in maniera differente. Una parte del proprio primigenio significato risiede ancora nei versi della canzone, per cui ciò che Elsa “lascerà andare” non saranno solo i propri poteri, ma anche ogni speranza e ogni desiderio di comunanza con gli altri esseri umani. Il “freddo” di cui Elsa esalta le virtù e nel quale afferma di trovarsi completamente a suo agio è, in realtà, da intendersi quale totale isolamento da un qualsiasi tipo di umanità; eppure, ciò è totalmente in contrasto con quello che sarà il messaggio centrale del film, la stessa morale che Andersen volle a suo tempo promulgare: nulla di buono può accadere a colui che si allontana dal calore dell’amore, perché irrimediabilmente finirà per perdere se stesso. Questa sarà la lezione che Elsa dovrà imparare alla fine della pellicola, per poi spezzare finalmente il sortilegio in cui è imprigionata.

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La decisione di trasformare Elsa da villain principale a una protagonista che dovrà imparare ad amare ma soprattutto a controllare il proprio straordinario potere, è il vero punto di svolta che rende il suo personaggio estremamente realistico e `Frozen` una pellicola dall’inaspettata profondità. A differenza di tutte le altre fiabe, infatti, il male non è evidente o immediatamente riconoscibile, ma, al contrario, risiede e si alimenta all’interno della sua stessa eroina. Tale condizione verrà esplicata dalla sottile iconografia rintracciabile in tutta l’opera: il castello di ghiaccio costruito Elsa, per esempio, muterà colore a seconda degli stati d’animo della sua padrona – dal blu della serenità, al rosso e al giallo della rabbia e della paura – e, allo stesso modo, gli eventi climatici seguiranno il peregrinare delle sue emozioni; di rara bellezza è, in proposito, il climax finale, nel quale una terrorizzata Elsa cerca di nuovo di fuggire da Arendelle, quasi soverchiata dalla terrificante tormenta di neve che lei stessa è stata capace di creare. La doppia personalità di Elsa verrà inoltre incarnata dai due personaggi a cui ella donerà la vita dopo essere diventata regina: Marshmallow, un terrificante e inarrestabile mostro di ghiaccio, e Olaf, il piccolo pupazzo di neve amante dei “caldi abbracci”, simbolo dell’innocenza pura e della gioia dell’infanzia.

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E’ così, dunque, che l’intero arco narrativo di `Frozen` inizierà e si concluderà in armonia con lo sviluppo di Elsa. Sì, Anna è un’eroina affascinante e incantevole, eppure in conclusione rimarrà sostanzialmente fedele alla propria natura: l’amore che nutre per sua sorella, infatti, mai desisterà, anche se frustrato o tradito, e le sue peripezie romantiche costituiranno una lezione importante da apprendere, ma collaterale a quella che è la sua missione principale. Al contrario, Elsa sarà protagonista di uno sviluppo completo, che la renderà un personaggio autentico e imperfetto allo stesso tempo; anche se giungerà ad abbracciare la sua vera natura, infatti, Elsa avrà ancora molto da imparare: potrà ancora nuocere alle persone e nel scegliere la sua strada avrà necessariamente bisogno del suo popolo e dei suoi cari, gli unici che le permetteranno di non rimanere mai più sopraffatta dalla propria solitudine.

Dopo il felicissimo successo di `Wreck-it Ralph`, la Walt Disney Pictures torna quindi a misurarsi con una sceneggiatura basata sui temi classici dell’amore, della fiducia e della famiglia, che si plasma e si arricchisce attorno alla struttura del musical: tutto può essere cantato e, ancor di più, enfatizzato dalla colonna sonora, che accompagna e manifesta i pensieri e le emozioni dei protagonisti. Da ciò scaturisce una messinscena quasi teatrale, che si avvicenda e si modella come sul più grande teatro di Broadway, tra cristalli di ghiaccio e luci ben studiate, costumi mozzafiato e il giusto alternarsi fra risate e commozione.

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Un’animazione stilisticamente all’avanguardia quella di `Frozen`, che porta la maestria degli Studios a nuovi impensabili livelli. Il direttore artistico Mike Giaimo, svolge un lavoro straordinario sul regno di ghiaccio, elevandolo al rango di personaggio a sé, in grado a sua volta di comunicare diversi tipi di linguaggio emozionale. Fondamentali, in proposito, furono le lunghe ricerche svolte da tutto il team in Norvegia, che permisero agli animatori di studiare con attenzione il modo in cui la luce si rifrange sul ghiaccio, i colori e la consistenza fallace della neve, creando così un’ambiente di una bellezza senza tempo, ammaliante nella sua magnificenza.

Come stupirsi, d’altronde? La Disney fu quello studio d’animazione capace di conquistare intere generazioni trasformando zucche in sontuose carrozze, umili orfane in principesse e sirene in esseri umani. Per decenni plasmò favole moderne sull’idea del cambiamento e della maturazione personale, con lo scopo primario di educare i giovani alla moralità, donando lezioni capaci di cambiare la loro visione del mondo.

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Anche una pellicola come `Frozen` non tradisce tali aspettative: entrambe le protagoniste, infatti, dovranno affrontare un percorso di crescita, che le porterà a rivedere le convinzioni su cui tutta la loro vita si era fondata fino a quel momento. La vera sovversione, però, verrà operata a livello emotivo, giocando sulle aspettative del pubblico,  che vedrà tutti gli elementi della classica fiaba Disney stravolti e messi al tappeto: è così che il “vero amore” non sarà più l’unico e privilegiato antidoto per la solitudine, la magia potrà provocare grandi dolori e dei principi azzurri sarà bene non fidarsi.

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Ancora una volta, le canzoni avranno un ruolo importante nel sottolineare questo punto, e sarà proprio al termine di una di queste, `Fixer Upper`, che verrà esplicato il messaggio più importante di tutta la pellicola; uno dei troll di pietra, infatti, dirà ad Anna: «Non ti stiamo dicendo che tu potrai cambiarlo, perché le persone in realtà non lo fanno. Stiamo solo cercando di dirti che l’amore è una forza potente e strana e che le persone posso fare scelte sbagliate se folli, spaventate o stressate. Getta un po’ d’amore sulla loro strada ed essi ti ripagheranno al meglio». Difficilmente, quindi, si può tornare indietro e i problemi, soprattutto se sedimentati negli anni, raramente potranno essere risolti o dimenticati con facilità. I sentimenti richiedono tempo, le persone sono testarde e la natura umana è complessa: cambiare, in maniera autentica e duratura, è una montagna veramente difficile da scalare.

E’ così che in `Frozen` i poteri magici serviranno a ben poco: essi non saranno altro che una metafora del raggiungimento della maggiore età, il tempo in cui i sentimenti diventano crudi, imprevedibili e terrificanti. Il sacrificio di sé sarà l’unico vero incantesimo capace di sciogliere i cuori: il vero amore, infatti, è mettere le esigenze di qualcun altro prima delle proprie e anche il sortilegio di un inverno perenne potrà essere spezzato con l’aiuto di qualcuno che ci ama.

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