Sid & Nancy • Finding Love in a Hopeless Place
«You were my little baby angel
And I shared all your fears.
Such joy to hold you in my arms
and kiss away your tears.
But now you’re gone.
There’s only pain[…]»
_ Sid Vicious, (Poem to Nancy)

Il 12 ottobre 1978, verso le 11 di mattina, il centralinista del Chelsea Hotel di New York City ricevette una chiamata da un numero esterno all’albergo. L’uomo dall’altra parte della cornetta, che non si identificò, disse solo un telegrafico: “Ci sono problemi alla camera 100”. L’impiegato decise quindi di inviare un fattorino per controllare cosa stava accadendo in quella maledetta stanza numero 100, i cui inquilini avevano già dato svariati problemi allo staff del Chelsea; basti pensare che, appena arrivati, erano riusciti a dare fuoco al proprio letto. Dopo pochi minuti, la reception ricevette una seconda chiamata, questa volta proveniente dalla camera stessa: “Qualcuno sta male. Ha bisogno di aiuto”.
Intanto, il fattorino era riuscito ad entrare al numero 100 e ciò che vide era destinato a segnarlo per sempre: una donna, una giovane ragazza 20enne dai capelli biondo platino era riversa sul pavimento del bagno; indossava solo un reggiseno nero e un paio di mutandine dello stesso colore, ma ciò che più sconvolse lo sfortunato fattorino era che si trovava in un lago di sangue. Lo stesso sangue macchiava anche il letto e, chiaramente, doveva provenire da quel lungo e profondissimo taglio che la vittima presentava sul ventre, più o meno all’altezza dello stomaco. La ragazza biondo platino non si muoveva, non respirava più: era morta dissanguata.

L’addetto alla reception chiamò inutilmente un’ambulanza, che arrivò insieme alla polizia. Dopo che i paramedici confermarono il decesso della donna, gli agenti controllarono la stanza: ciò che vi trovarono furono diverse dosi di droga, eroina per l’esattezza, e un Jaguar K-11, un coltello pieghevole con una lama da 5 pollici e un giaguaro giallo intagliato sul manico, complementarmente macchiato di sangue. Secondo lo staff dell’albergo la vittima non abitava sola, ma conviveva da diversi mesi con il fidanzato tossicodipendente il quale, però, non si riusciva a trovare da nessuna parte. La coppia si era registrata come Mr. e Mrs. John Ritchie, anche se a quanto pare non erano sposati. Il vero nome del ragazzo, in effetti, era John Simon Ritchie, anche se era meglio conosciuto come Sid Vicious, superstar del punk e ex-bassista della band britannica Sex Pistols, mentre la ragazza era Nancy Spungen, alias `Nauseating Nancy`.

La polizia, dopo averlo cercato per un po’, trovò Sid Vicious che si aggirava per i corridoi: aveva la faccia coperta di lividi, era chiaramente sotto l’effetto di droghe, piangeva e si agitava; i medici e la polizia non riuscivano a calmarlo e le uniche cose che riuscirono a capire di ciò che diceva furono solo alcune frasi sconnesse mormorate fra le lacrime: “L’ho uccisa… deve essere caduta sul coltello… Io non posso vivere senza di lei”. Il ragazzo, ancora in stato confusionale, fu arrestato e interrogato; il pomeriggio stesso fu accusato di omicidio di secondo grado per la morte della sua fidanzata, Nancy Spungen.

La notizia della morte di Nancy e del conseguente arresto di Sid Vicious, presto riverberarono fra le fila di quei giovani che con aria di sfida si definivano “punk”. D’altronde, i fan di Sid Vicious vedevano in lui l’incarnazione della propria filosofia, fatta di un’aggressività nichilista e di un’ intenzionata maleducazione cinica e offensiva in tutte le situazioni. Il suo aspetto fisico non faceva altro che sottolineare le sue convinzioni: Sid aveva solo 21 anni, ma era incredibilmente alto e altrettanto magro; faceva una certa impressione con quei capelli sparati per aria e quell’espressione perennemente disgustata, per non parlare del vestiario, fatto di pantaloni di pelle, anfibi, magliette stracciate con svastiche e insulti, giacche da motociclista e collari borchiati intorno al collo.
Ad uno sguardo superficiale, Sid Vicious e tutti i punk rappresentavano la perfetta antitesi a qualsiasi valore civile o morale proprio delle classi perbeniste. Droghe, abiti stracciati e spille da balia come piercing, erano il loro marchio di fabbrica, così come l’ostinazione nel vivere nello squallore più assoluto e nel pagare non più di un dollaro per qualsiasi cosa potesse servire al loro sostentamento. Sid Vicious e Nancy Spungen erano l’archetipo di questo inarrestabile movimento giovanile che si rappresentava attraverso slogan come “No Life, No Future” o “I Hate People” ed erano giunti a New York, al Chelsea Hotel, proprio per cercare di migliorare il proprio status di celebrità punk. Purtroppo, le loro speranze sarebbero state destinate a naufragare nella tragedia e le loro personalità ad essere ricordate come il Romeo e la Giulietta del punk rock.

Prima di parlare di Sid e Nancy, tuttavia, occorre fare un passo indietro, alle origini della loro storia, alla nascita dei Sex Pistols. Che cosa c’è da dire, quindi, su “le Pistole del Sesso”? Occorre limitarsi a parlare dei vestiti bondage, delle svastiche e dei titoli dei tabloid? Oppure degli sputi, delle offese, della violenza e dell’autolesionismo? Non sarebbe invece meglio indagare su come negli anni ’70 nacque questa rivoluzione dei gusti musicali e su come i giovani sentissero improvvisamente imperante il desiderio di provare emozioni trasgressive e anti-establishment e di urlare canzoni-slogan come protesta verso la classe politica e il repubblicanesimo?

Sono passati quasi 40 anni dal fenomeno Sex Pistols, promosso dal loro quasi leggendario manager, Malcolm McLaren, ma nonostante questo le royalties ancora oggi si ispirano a loro per produrre un genere di musica che tuttora spopola fra le nuove generazioni, mentre i ragazzini di tutto il mondo continuano a indossare magliette che ne portano le effigi e eventi internazionali, come la mostra dedicata a Sid Vicious alla Proud Camden Gallery di Londra, ne alimentano sostanzialmente la mitologia.
Prima che Sid Vicious entrasse a far parte dei Sex Pistols, l’assetto della band punk comprendeva il batterista Paul Cook, il chitarrista Steve Jones, il bassista Glen Matlock e il front man irlandese John Lydon, meglio conosciuto come Johnny Rotten (`Johnny il Marcio`), così soprannominato per lo stato non proprio salutare dei suoi denti. I Sex Pistols, dai primi fedeli seguaci, maturarono una crescente reputazione in tutta Londra, soprattutto per il caos che sapevano incitare ogni volta che suonavano in pubblico. Il loro primo singolo, `Anarchy in the UK`, rilasciato nel 1976, e lo scandalo suscitato alla Thames TV, dove Johnny Rotten indirizzò pesantissimi insulti in diretta al provocatorio intervistatore, ne portarono la fama alle stelle.

La presunzione nichilista del movimento punk era il risultato del totale rifiuto da parte delle nuove generazioni alla società tradizionale, alla disoccupazione, alla miseria delle loro vite; i teenagers dell’era punk vivevano in una situazione stagnante, erano consapevoli della noia che li circondava e non vi era nulla che potesse donare a loro la speranza di alleviare le proprie sofferenze. Per questo iniziarono a riconoscersi come una categoria a se stante, come la generazione che aveva vissuto sia il boom economico che il terrore della Guerra Fredda, e che nel presente non poteva sperare di meglio che un’enorme e incontrollabile desolazione.
I punk si definirono nichilisti perché non vi era nulla che li scuotesse e che li facesse uscire dai propri sobborghi, perciò adottarono uno stile di vita come se la Terza Guerra Mondiale fosse già avvenuta e loro fossero gli unici sopravvissuti: erano i “ratti radioattivi” scampati al primo attacco, il loro aspetto – creste, capelli fluorescenti, vestiti stracciati, spille e trucco pesante – portava i segni di questa mutazione, mentre il resto della civiltà non era altro che un cadavere, cerebralmente morto, ma che continuava a funzionare in modo tristemente automatico.

Per i Sex Pistols rimanere davanti a quella folla di diseredati miserabili e senza speranza, significava apparire più cattivi, più violenti, più arrabbiati di chiunque altro; in fondo, come ci si poteva sentire a trovarsi su un palco a suonare una musica furiosa, mentre ai propri piedi i fan urlavano, vomitavano, saltavano, si prendevano a pedate in faccia e sbattevano i propri corpi fra loro fino a perdere conoscenza?
Nel marzo 1977, Glen Matlock, un ragazzo troppo per bene per quella vita, lasciò i Sex Pistols che nel frattempo furono assoldati dall’etichetta A&M Records, che come trovata pubblicitaria decise di fargli firmare i propri contratti di fronte a Buckingham Palace, con la stampa a portata di mano per immortalare l’evento. Tuttavia, il loro rapporto con la A&M non era destinato a durare a lungo. Nella primavera dello stesso anno, la band aveva firmato con la Virgin Records e rilasciato il singolo `God Save the Queen`, una rivisitazione politicamente scorretta dell’inno britannico, che prontamente fu vietata in tutto il Regno Unito.

L’ascesa dei Sex Pistols sembrava inarrestabile, ma vi era un grosso problema: con la defezione di Matlock, serviva un bassista. Fu così che Malcolm McLaren pensò di reclutare un amico d’infanzia di Johnny Rotten: Sid Vicious. Quel ragazzo non sapeva suonare il basso, ma era un solo piccolo dettaglio: con i suoi capelli neri a spazzola, il viso pallido e la figura allampanata, rafforzava il messaggio iconoclasta della band, sopperendo alla sua scarsa capacità musicale. L’amplificatore del basso poteva restare spento durante i live, ma quel carisma non poteva essere rimpiazzato in nessun modo: gli occhi delicati e al contempo sospettosi, le mutevoli espressioni, spesso deformate in smorfie di degusto e di aggressività, come se perennemente fronteggiassero un pericolo immaginario, rendevano la sua figura estremamente attraente per il pubblico. L’importante era che rimanesse il più sobrio possibile: normalmente era un ragazzo spiritoso e affettuoso, quasi vulnerabile, ma sotto l’effetto di alcol o allucinogeni diventava veramente pericoloso, un violento psicopatico oppure una sorta di zombie, incapace perfino di difendersi.
Se Johnny Rotten era la voce del punk, Sid Vicious, quindi, ne incarnava l’atteggiamento. Ma da dove sbucava fuori quello strano ragazzo, che a soli 20 anni divenne un’icona destinata a passare alla storia?

Il vero nome di Sid Vicious era John Simon Ritchie, nato nel 1957 e figlio di Anne Beverly. La madre, ancora ragazzina, aveva dato al figlio lo stesso nome del padre, nella speranza che Mr. Ritchie decidesse di sposarla e di andare a vivere con loro; ma questo non accadde mai. Anne dovette quindi cavarsela da sola. Essere una giovane madre single divenne un calvario esauriente per lei, tanto che neanche il trasferimento a Londra servì a migliorare la sua condizione; piena di debiti, sola e rifiutata da chiunque, Anne sviluppò ben presto una dipendenza dall’eroina.
A causa di tutto questo, il piccolo John crebbe fino a diventare un adolescente introverso, con un’inquietante tendenza all’autodistruzione e uno spiccato gusto per la ribellione e l’anarchia. Era uno studente povero, destinato alla deriva, che riuscì a frequentare solo due anni in un corso di fotografia prima di essere sbattuto fuori.

L’adolescente suggestionabile, con il passare degli anni, divenne un giovane sempre più vulnerabile alle forze maligne che lo stavano plasmando e riuscì a trovare la propria casa solo nella fiorente scena punk di Londra, il cui centro nevralgico era rappresentato dalla boutique di Malcom McLaren e Vivienne Westwood. La sua ruvida alienazione, il carisma innato e il legame con i Sex Pistols lo trasformarono ben presto in una celebrità punk.
Sid, con il passare del tempo, assurse al livello di eroe romantico; come nel caso di James Dean, a nessuno importava ciò che era veramente, perché la sua aura e la sua immagine erano più forti di qualsiasi altra cosa: Sid aveva un copione da recitare e lo rappresentava in maniera spettacolare, come nessun altro era mai stato in grado di fare.
Ben presto la fama dei Sex Pistols divenne troppo grande per rimanere chiusa nei confini inglesi, perciò la band sbarcò nel 1978 negli Stati Uniti, per dare vita a un tour di otto concerti che avrebbero attraversato tutta l’America. Tuttavia, i nervi logori, il rancore maturato negli anni e l’uso eccessivo di droghe, portarono al loro scioglimento dopo la loro ultima data al Winterland Ballroom di San Francisco. Quello americano era stato il più vasto pubblico che i Sex Pistols avessero mai avuto e determinò anche le peggiori esibizioni che avessero mai fatto. Stanco della direzione che la band aveva preso, Johnny Rotten prese in mano il microfono e chiuse l’ultimo concerto chiedendo alla folla: “Avete mai avuto la sensazione di essere stati traditi?”. Il giorno dopo lasciò i Sex Pistols.

Sid Vicious, dal canto suo, tornò in Inghilterra con la sua ragazza, la sua anima gemella e compagna inseparabile, Nancy Spungen, un’ostinata americana la cui malsana influenza su Sid aveva contribuito in larga parte alla rottura della band. Sid e Nancy si erano conosciuti nel 1977, a Londra, e la loro unione venne osteggiata fin da subito dagli altri membri dei Sex Pistols, soprattutto a causa della tossicodipendenza da eroina della ragazza che presto contagiò anche Sid. «Abbiamo fatto di tutto per allontanare Nancy. Lo stava uccidendo. Ero assolutamente convinto che lei si volesse uccidere. Solo, non voleva farlo da sola. Voleva portare Sid con sé», dichiarerà in seguito Johnny Rotten.
Nancy Spungen minacciava quindi di diventare la versione punk di Yoko Ono, riuscendo nell’arduo compito di far infuriare l’intera band. Nonostante le ripetute suppliche da parte di Rotten di scaricarla, Sid Vicious era in grado di ascoltare solo Nancy, da cui divenne totalmente dipendente, tanto quanto dall’eroina.

Nancy era un vero pericolo, una mina vagante, una bomba pronta a scoppiare, persino troppo estrema per un movimento che come il punk era incentrato sul più assoluto estremismo: non ottenne mai l’accettazione che desiderava, rimase sempre un’emarginata tra gli emarginati, tanto da scegliersi il soprannome di `Nauseating Nancy`, ovvero `Nauseabonda Nancy`.
Nata nel 1958, Nancy Spungen era cresciuta nei sobborghi di Philadelphia. La madre Deborah, nel libro che lei stessa scrisse in memoria della figlia, raccontò come fosse una bambina difficile già dalla nascita. I capricci della piccola Nancy erano feroci tanto da spaventare i propri genitori, che le diedero il suo primo sedativo all’età di tre mesi. Verso i quattro anni, Nancy fu visitata da uno psichiatra, mentre a undici aggredì la madre con un martello solo perché non l’aveva portata a visitare un museo. Crescendo, i capricci di Nancy divennero sempre più violenti, tanto che la bambina dimostrò di essere capace di fare a pezzi la propria stanza, per poi gridare per ore: “Voglio morire!”. L’epilogo di una ragazzina di questo tipo, lasciata fondamentalmente a se stessa, era già tristemente segnato: a 13 anni Nancy provò la droga per la prima volta e due anni dopo era già una tossicodipendente.

Il suo comportamento totalmente fuori controllo portò persino i medici a rifiutarsi di curarla. Le fu diagnosticata una grave forma di schizofrenia e all’età di 17 anni i suoi genitori, ormai esausti, le chiesero di andarsene da casa. La tossicodipendenza di Nancy era ormai una spirale senza via d’uscita, tanto che per procurarsi i soldi per farsi fu costretta a prostituirsi. Si trasferì a Londra, dove il suo vestiario di pelle, i suoi riccioli biondo platino e il suo trucco pesante irruppero nella scena punk. Offensiva, insensibile e arrabbiata, riuscì in poco tempo a conquistarsi l’antipatia di una buona fetta del circolo, finché, come un miracolo, non riuscì a trovare il proprio contorto e disperato “Romeo”.
Poco tempo dopo dal loro primo incontro, Sid e Nancy divennero inseparabili; per uno strano scherzo del destino quei due giovanissimi ragazzi erano fatti l’uno per l’altra, totalmente complementari, due magneti che si attiravano e si respingevano l’un l’altro, egoisti, auto-distruttivi, ossessionati e, ahimè, ugualmente dipendenti dalla droga. Il loro rapporto era talmente potente e indissolubile da avere la precedenza su tutto il resto della loro vita, sugli amici e anche sui Sex Pistols.

La violenza e la disperazione, ben presto, divennero una lingua fra Nancy e Sid e l’eroina rese la loro vita un inferno. Al momento del tour dei Sex Pistols negli Stati Uniti, Sid Vicious era già sulla strada della propria distruzione; le fotografie documentano i cambiamenti che Sid subì in quei pochissimi anni, passando dall’adolescente dalla pelle chiara e dagli occhi luminosi del 1977, quello che imparava gli accordi del basso dal suo amico Johnny, a un relitto sfregiato e insanguinato, con bende e cicatrici sfoggiate come accessori alla moda. Un’immagine in particolare mostra Sid sul palco durante un concerto, il basso a tracolla, fiero e tragico come una moderna statua greca, coperto di sangue e con la scritta “Gimme a fix”, ovvero “Dammi una dose”, incisa con una lametta sul petto.
Dopo lo scioglimento dei Sex Pistols, Sid e Nancy tornarono a Londra, per poi trasferirsi a Parigi e, infine, rifugiarsi in quel cimitero di poeti e di amanti drogati che era l’Hotel Chelsea, esattamente il luogo in cui Nancy troverà la propria morte. Un’immagine immortala il suo cadavere accasciato sul pavimento del bagno della stanza numero 100, un corpo senza vita con indosso solo un reggiseno e delle mutandine nere e il segno di una pugnalata sullo stomaco; per una tragica e poetica ironia, in quel momento, Nancy indossava gli stessi vestiti che in una situazione precedente la vedevano ritratta insieme al suo Sid.

Nancy Spungen era morta per una singola ferita inflitta da un coltello, quel Jaguar K-11 che lei stessa aveva regalato a Sid, eppure molti sono ancora convinti che non sia stato lui ad ucciderla. “Sid era davvero troppo innamorato di lei”, diranno gli amici. “Non avrebbe potuto farlo fisicamente”.
Fatto sta che Sid Vicious venne arrestato dalla polizia e interrogato alla Terza Divisione Omicidi sulla 51a strada, dove confessò di aver ucciso la sua fidanzata: “l’ho fatto perché sono un cane rognoso”, dichiarerà con gli occhi pieni di lacrime.
L’ex manager dei Sex Pistols, Malcom McLaren, trattò per far uscire Sid Vicious dal carcere su cauzione; il 16 ottobre del 1978, infatti, la Virgin Records spese 50.000 dollari per il suo rilascio. Il giorno dopo la madre di Sid, Anne, decise di prendere il figlio con sé, comprando i soldi per il biglietto da New York all’Inghilterra vendendo al New York Post i diritti d’autore per la sua storia.

In una sola settimana Sid Vicious cadrà in un irrefrenabile vortice di depressione a causa della perdita di Nancy e tenterà più volte il suicidio, prima per overdose e poi tagliandosi i polsi con una lametta e una lampadina rotta urlando: “Voglio andare da Nancy, non ho mantenuto la mia parte del patto!”.
Dopo un successivo arresto e un fallimentare tentativo di disintossicazione, Sid Vicious verrà rilasciato il 1 Febbraio del 1979, per poi ritornare subito a farsi di eroina, che questa volta gli verrà fornita dalla madre stessa. Ad una festa a casa dell’amica Michelle Robinson, organizzata per celebrare il suo rilascio, Sid si sentirà male dopo l’ennesima iniezione di droga; gli amici si offriranno di portarlo all’ospedale, ma lui rifiuterà sistematicamente. Lasciato solo in camera da letto, Sid Vicious recupererà dalla borsa della madre la dose restante di eroina e se la inietterà nelle vene. La mattina dopo verrà trovato morto per overdose dagli amici. Finalmente, Sid aveva smesso di soffrire ed era riuscito a raggiungere la sua Nancy.

La cosa che lascia più sorpresi dal rapporto fra Sid Vicious e Nancy Spungen è l’assoluto affetto e l’indomabile amore che, nonostante tutto, erano stati in grado di unirli quando tutto intorno a loro era solo tumulto, violenza, dolore e confusione. Derelitti, fraintesi, abbandonati, oltre la pelle e le catene, gli anfibi e le borchie, Sid e Nancy diedero vita a una relazione anti-convenzionale, un rapporto morboso fra una donna disperata e un uomo che in realtà era ancora un ragazzo.
Nancy e Sid non potevano lasciarsi andare perché, fondamentalmente, avevano bisogno l’uno dell’altra; Nancy aveva bisogno di qualcuno che l’accettasse e l’amasse, mentre Sid aveva bisogno di un persona che gli infondesse autostima e che guardasse oltre la sua immagine di ragazzo cattivo e irrecuperabile. Sid e Nancy erano concepiti per stare insieme e sarebbero stati felici, se solo tutto non si fosse trasformato in cenere e smarrimento e se le droghe non avessero distrutto la loro vita. Nelle fantasie romantiche di un amore maledetto e condannato già in partenza, avevano progettato di andarsene da quel mondo così crudele insieme, in un patto suicida, ma alla fine erano troppo distrutti anche semplicemente per uscire a mangiare una pizza.
Guardando indietro alla loro triste storia, la loro sembra una coppia da manuale, la dimostrazione incarnata della vulnerabilità e della fragilità che, ancora oggi, una società indifferente ed egoista è in grado di produrre. Sid non aveva radici o ancore emotive, mentre Nancy aveva bisogno di cure e di affetto: lasciati soli ancora bambini, si trovarono e condivisero tutto questo, insieme all’alcol, al sesso e alla droga.

Sid Vicious non ebbe né il modo né il tempo per capire l’epoca che stava vivendo, il luogo in cui si trovava e per scoprire il proprio centro d’equilibrio. Venne semplicemente offerto come un agnello sacrificale, a una realtà che lo avrebbe annientato, come un kamikaze che non aveva paura di vivere una vita perennemente sopra le righe. Non a caso, dopo lo scioglimento dei Sex Pistols, Sid dichiarerà: “Alla fine io ero l’unico in cui l’anarchia aveva lasciato un segno; i Sex Pistols erano diventati una pantomima”.
A soli 20 anni, a Sid Vicious, già profondamente instabile, venne consegnato il fardello di una fama che varcava i confini del suo piccolo mondo di periferia e una certa quantità di potere e di denaro, con la consapevolezza che per mantenere quel successo doveva continuare a non avere limiti e a percorrere una strada fuori da tutti gli schemi. Sid Vicious fece del suo meglio per mantenere la sua “promessa”, conquistando ogni centimetro con vomito, pugni e calci, attraverso brevi giornate di gloria e lunghe notti di solitudine, fino a quando una ragazza americana di nome Nancy arrivò a portargli una certa misura di sollievo. Alcune notti Nancy era qualcuno a cui stringersi, altre volte, invece, una persona a cui aggrapparsi. In fondo, che differenza poteva fare?

A venire a conoscenza del complesso e tormentato rapporto fra Sid e Nancy, fatto di tenerezza tanto quanto di violenza senza pari, accade una cosa curiosa: alla fine della storia, non ci si commuove per il destino di Sid o di Nancy, ma, forse, ci si riscopre a piangere su quello di tutti noi, venuti alla luce in un mondo che ancora permette alle persone di diventare così tanto infelici. Sid Vicious non era un assassino, ma neppure un eroe, era solo un ragazzo che si era suo malgrado ritrovato a vivere una situazione più grande di lui e che, proverbialmente, non era in grado di gestire. Lui, forse, fu l’esempio più celebre, ma per migliaia di ragazzi di quella generazione perduta, nata e cresciuta nella peggiore periferia, quel modo di vivere anarchico, nichilista e autodistruttivo, rappresentava l’unica forma ribellione verso una società che non gli offriva nessuna opportunità, nessun lavoro, nessuna formazione e nessuna speranza. Quando la vita, fin dalla nascita, non è in grado di concederti nulla se non disperazione e cattiveria, il minimo che si può offrire di rimando è il proprio incontenibile disprezzo.
«Noi avevamo un patto di morte e ora devo mantenere la mia metà del contratto. Per favore, seppellitemi di fianco alla mia bambina. Seppellitemi con la mia giacca di pelle, i jeans e gli stivali da motociclista. Addio».
_Sid Vicious, Suicide Note
Stupendo post!
Tristissimo e stupendo.
Grazie di cuore, Eli. (:
L’ha ribloggato su prima Veree ha commentato:
Un post stupendo, perfetto in ogni particolare!
Grazie di Cuore a RigelGrace
https://leanimesalve.wordpress.com/author/rigelgrace/
Amen
;)
Spettacolo questo post, grazie.
alex
Grazie a te per avermi regalato un po’ del tuo tempo (:
questo post è meraviglioso, i miei più grandi complimenti!
Grazie di cuore! Sono contenta che sia piaciuto a tanti; dato che Sid Vicious è una figura un po’ controversa, temevo che molti non avrebbero apprezzato questo omaggio.