FableHaven #2 • `Cenerentola` di Charles Perrault

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«La beltà per la donna è un gran tesoro,
che niuno di ammirar si stanca mai:
ma la bontà, la grazia e il decoro
non hanno prezzo e valgono più assai.
»

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Cenerentola’ è una delle fiabe più amate e più conosciute dell’intera storia della letteratura, appartenente a quella categoria di miti creati per essere portatori di verità universali. Giunta a noi nell’adattamento di Charles Perrault, ne esistono in realtà almeno 345 versioni, provenienti dalle epoche più diverse e dai luoghi più disparati, sebbene il tema di fondo sia sempre lo stesso.

Cenerentola’ è il racconto della scalata sociale più stupefacente che abbia mai colpito la fantasia dell’uomo, la fiaba che per eccellenza incarna l’eterna attesa del “principe azzurro”, ovvero di un amore potente al punto da sconvolgere un’esistenza di lavoro e privazioni, ancora oggi il sogno di molte donne divise fra le incombenze della vita quotidiana e la speranza di un futuro migliore.

L’infanzia è il momento che più di ogni altro beneficia della narrazione orale, la quale arriva a costituire un elemento di estrema importanza nella costruzione della propria identità e nelle relazioni con il mondo esterno. Per questo, ancora oggi, il racconto di fiabe quali quella di ‘Cenerentola’, capaci di armonizzare culture e tematiche differenti, svolge una fondamentale funzione nella comunicazione e nella trasmissione di esperienze fra vecchie e nuove generazioni.

La semplicità e l’attrattiva con cui ‘ Cenerentola’ introduce temi capitali dall’enorme valore, le hanno garantito la sopravvivenza nel corso dei secoli e, sebbene abbia subito svariate modifiche nel contesto e nei personaggi, ne rimane invariata l’anima sublime e recondita, capace di stregare la mente e di colpire il cuore.

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La prima versione riconosciuta di ‘Cenerentola’ risale ben al 3000 a.C., epoca di massimo splendore per la civiltà egizia, l’età delle prime illustri dinastie di Menphis capitale. Il filosofo greco Claudio Eliano riporta nei suoi scritti la ‘Fortunata storia dell’etera Rodopi’, ovvero il racconto di una giovane e bella schiava, Rodopi appunto, venduta in Egitto a un padrone che la impiegava come domestica nella propria casa. Rodopi viene descritta come una donna dal sublime fascino, incarnante la bellezza stessa della terra d’Egitto: i suoi occhi, infatti, erano verdi come le acque del Nilo, i suoi capelli biondi e soffici come il papiro, mentre la sua pelle rosa e pura come il fiore di loto. Una tale prorompente bellezza, come si può intuire, attrasse l’invidia della altre schiave, che destinavano la povera Rodopi ai lavori più umili e degradanti, a cui tuttavia la giovane adempiva con estrema grazia e disinvoltura, come solo un’anima gentile e limpida è in grado di fare.

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Il fascino della figura di Rodopi incanterà persino il proprio padrone, che arriverà a donarle un paio di scarpine completamente rivestite d’oro, regalo che la porterà direttamente nelle braccia del faraone. Infatti, il giovane principe Amosis, organizzerà un ballo nella propria reggia, al quale, ovviamente, Rodopi non parteciperà, ingannata dalla altre schiave; ma il dio Horus, sotto forma di falco, scenderà in persona nel mondo dei mortali e, rubando una delle scarpine dorate, condurrà il giovane Amosis a incontrare Rodopi, che diventerà così Regina d’Egitto.

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Un’altra versione di ‘Cenerentola’, forse ancora più nota, è stata rintracciata dagli storici in Cina, nella fiaba di Ye Xian, trascritta dal funzionario di corte Tuang Che’ing-Shih, che a sua volta l’aveva sentita narrare da uno dei suoi servi originario delle regioni meridionali. A quel tempo la Cina era governata dalla dinastia Tang, presso la quale entrò in uso la pratica di fasciare i piedi alle donne in tenera età, per volere dello stesso imperatore, a causa del suo apprezzamento estetico per i piccoli piedi di alcune ballerine di corte. La fasciatura dei piedi, che provocava atroci sofferenze nelle bambine a cui veniva sottoposta, portava a deformarne l’ossatura fino a raggiungere una misura che variava dai 7 ai 12 centimetri: più il piede era piccolo, più si accresceva il valore della fanciulla come sposa, in quanto ne avrebbe dimostrato l’attitudine all’obbedienza. Da qui deriva il mito del grazioso e minuto piedino di Cenerentola, capace di calzare alla perfezione la scarpetta di cristallo, che, altrimenti, nella cultura occidentale non avrebbe trovato spiegazione.

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Anche in questa fiaba del folklore cinese, la giovane Ye Xian è costretta a vivere una vita di oppressione e schiavitù, causata questa volta dalla gelosia della propria matrigna e della sorellastra. Sarà aiutata nella sua ascesa sociale e personale dallo spirito della madre, incarnatasi dopo la morte in un pesce dello stagno di casa, che le donerà un mantello di piume di Martin pescatore  e un paio di sandali dorati per andare alla locale festa della primavera. Qui Ye Xian perderà una delle calzature che, passando di mano in mano, giungerà alla corte di un giovane re, che grazie ad essa ritroverà Ye Xian e ne farà la sua sposa.

Tramite questa versione, possiamo riscontrare diversi elementi che risultano comuni all’adattamento occidentale; ad esempio, vi è il tema della rivalità fraterna, oppure quello della figura materna, che si incarna sia nello spirito buono della madre morta, che sorregge e consola nelle difficoltà, che in quello della perfida matrigna, immagine della madre che il bambino può percepire in alcuni momenti come cattiva.

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La prima vera forma scritta di ‘Cenerentola’ in Occidente risale al 1634 per opera dello scrittore napoletano Giovanni Battista Basile, il quale cercò nella tradizione napoletana la propria fonte d’ispirazione, arrivando a scrivere in dialetto ‘Le cunto de li cunti’. L’opera, la cui struttura richiamava il ‘Decamerone’, tanto da essere soprannominata Pentamerone, raccoglieva 50 fiabe raccontate in cinque giornate da 10 donne anziane, tutte ambientate in una realtà sovrannaturale e tutte provviste di insegnamenti morali ed educativi. Fra queste  vi è la storia di ‘Gatta Cenerentola’, che riprende gli aspetti chiave  dei racconti già citati, con una leggera mutazione derivata dal contesto culturale del suo autore: Cenerentola, infatti, non indossa più scarpette o sandali d’oro, ma pianelle, ovvero zoccoli con tacchi alti indossati tipicamente dalle nobildonne del Rinascimento napoletano, e viene introdotta per la prima volta la figura della fata madrina, elemento di probabile origine sarda.

Proprio dal racconto di Giovanni Battista Basile, Charles Perrault ricaverà la propria versione, la più conosciuta ancora oggi, che subirà un’ulteriore trasformazione dalla precedente, introducendo gli elementi della scarpetta di cristallo e della zucca trasformata in carrozza dalla fata madrina.

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In ognuna di queste versioni, l’elemento che sostanzialmente rimane comune è la figura della protagonista, ossia di Cenerentola. In ogni epoca e in ogni cultura, Cenerentola viene descritta come una ragazza tanto bella quanto buona e umile, al punto che arriverà a perdonare la matrigna e le perfide sorellastre che non verranno punite. Il termine “cenerentola” è infatti tutt’oggi utilizzato per definire una persona mite e remissiva, costretta suo malgrado a vivere una vita di povertà e di modestia e a fare i conti con la dura realtà delle fatiche quotidiane.

Da Radopi a Ye Xian alla “Gatta” di Basile, la natura e la storia della giovane fanciulla arrivano a incarnarsi nel suo stesso nome, Cenerentola, nomignolo datole dalle sorellastre unendo le parole “pentola” e “cenere”, per l’abitudine della giovane di riposare vicino al focolare morente dopo una lunga giornata di lavoro. La cenere, dal canto suo, è pregna di significanti simbolici: dall’essere una mera fonte di calore, diventa l’immagine di un fuoco nascosto, culla per la rinascita della Fenice; questa creatura leggendaria, infatti, secondo il mito, sarebbe morta nel rogo ardente del proprio nido, per poi risorgere dalle sue stesse ceneri: un’ascesa alla gloria dalla più bassa e infima della condizioni.

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Il nome, tuttavia, ha la funzione di descrivere solo il lato più esterno della fanciulla, in quanto ciò che più conta ai fini della morale è la sua interiorità. Cenerentola, nonostante tutte le disgrazie che le occorreranno, dalla morte della madre alle continue mortificazioni ricevute fin dall’infanzia, è in grado di mantenere la propria purezza e il senso della propria dignità. Cenerentola è paziente, tenace, non rinuncia al desiderio di meritare qualcosa di migliore, nonostante il destino avverso e le resistenze opposte dalla sua condizione. La fiaba esprime il contrasto fra una sublime vocazione interiore e un’umiliazione esteriore, che temporaneamente va sopportata ma che, nel profondo del cuore, si rifiuta di accettare. Il nucleo della figura Cenerentola è quello di un’incrollabile nobiltà interiore, che invita ognuno ad avere il coraggio di restare fedele alle proprie aspettative e di continuare a credere fermamente nei sogni e nell’unicità della propria esistenza.

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L’elemento in assoluto più importante, presente indistintamente in tutte le varianti della fiaba, è che Cenerentola non ascende al successo e alla ricchezza per una particolare azione da lei compiuta, per calcolo o per fortuna, ma per l’erompere del proprio spirito in tutta la sua grandezza, bellezza e irripetibilità, che viene scoperto e approvato dalle altre persone. ‘Cenerentola’ non esprime il sentimento narcisistico di essere insuperabile o migliore di qualcun altro, ma, al contrario, la vera forza della protagonista sta nella pazienza e nel coraggio di un amore capace di vedere in profondità, oltre le apparenze, e di comprendere così il vero valore di una persona.

E se Cenerentola è in grado di diventare principessa, anche dei piccoli topini possono tramutarsi in nobili destrieri, per non parlare di una zucca trasformata nella più splendida delle carrozze, a dimostrazione che, qualsiasi sia la propria natura, si può sempre aspirare a qualcosa di migliore.

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La morale di ‘Cenerentola’, quindi, non risiede unicamente nell’autoaffermazione, ma nella metamorfosi che è in grado di rendere ciò che era soltanto nascosto in un mucchietto di cenere visibile a tutte le persone.
Cenerentola diventa Regina non per i suoi privilegi o per la sua nobile discendenza, ma per la sua bellezza sia esteriore che interiore. E’ in questo senso che possiamo dire che in questa fiaba è la “meritocrazia” ad essere premiata, mentre la scarpina di cristallo è solo un mezzo per poterla individuare e portare alla luce.

La scarpetta è lo strumento tramite il quale Cenerentola riesce a lasciare una traccia di sé, preziosa come il proprio essere, e diventa l’unica fragile connessione con il suo amato principe. Nel momento in cui Cenerentola la calzerà di nuovo, assurgerà di nuovo alla propria interezza, alla propria totalità; Cenerentola ritorna così in possesso della scarpetta e, al contempo, del proprio cuore, che per così tanto tempo ha atteso il suo gemello, perché non vi è null’altro nella vita se non l’Amore.

Comments
2 Responses to “FableHaven #2 • `Cenerentola` di Charles Perrault”
  1. RigelGrace ha detto:

    Credits:
    • HEADER IMAGE: ‘Scarlett Johansson as Cinderella’ by Annie Leibovitz©
    • IMAGE 2: ‘Slaves’ by Maher Morcos©
    http://www.mahermorcos.com/
    • IMAGE 3: ‘Bild if not for you’ by Maher Morcos©
    http://www.mahermorcos.com/
    • IMAGE 8: ‘Cinderella at Midnight’ by Jasmine Becket-Griffith©
    http://www.strangeling.com/
    • IMAGE 9: ‘Cinderella – Bibbidi Bobbidi Boo’ by Chris Darril©
    http://darrilasylum.deviantart.com/

  2. Bruno11 ha detto:

    Reblogged this on Il blog di Ponterosso and commented:
    Una presentazione chiara per capire la dimensione storica della fiaba di Cenerentola , e le sue radici comuni a tante civiltà diverse.

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