`Breaking Bad` • «Look on my works, ye mighty, and despair!»
5. «NO MORE HALF MEASURES, WALTER». Nuovi personaggi e nuovi scenari
Per le prime due stagioni la trama di `Breaking Bad` era stata pianificata con cura e largo anticipo, dispiegandosi in maniera sorprendente puntata dopo puntata. Fu tuttavia con la terza stagione che l’opera di Vince Gilligan riuscì a entrare nell’olimpo della serialità televisiva, grazie a una scrittura più estemporanea e all’introduzione di nuovi personaggi ricorrenti. Fra questi, l’avvocato Saul Goodman e l’hitman Mike Ehrmantraut giunsero ad affermarsi come due capisaldi assoluti della storia, tanto da diventare protagonisti, pochi anni dopo, di uno spin-off a loro completamente dedicato.
Che quella di Saul Goodman (Bob Odenkirk) fosse una figura destinata a lasciare il segno è evidente fin dalle premesse dell’episodio a lui intitolato –`Better Call Saul` (`Conviene chiamare Saul`, 2×08) –, una puntata volta a esplorare nuovi percorsi narrativi e a donare linfa comica a uno show ormai votato alla più cupa oscurità. Con i suoi vestiti sgargianti, il discutibile riporto e le pubblicità di cattivo gusto sparse per tutta la città, all’inizio Saul non sembra essere più professionale dei suoi stralunati clienti, ricevuti all’ombra di un ufficio pacchiano con una gigantesca Statua della Libertà gonfiabile posta come insegna. Eppure, nel momento in cui Walter e Jesse decidono di assoldarlo, capiamo come l’avvocato non sia affatto uno sprovveduto, ma sappia muoversi con cognizione di causa all’interno del sottobosco criminale di Albuquerque, di cui conosce rischi, segreti e opportunità, vantando una rete di contatti degna del broker più navigato.
Destinatario delle battute più irriverenti della serie – dal leggendario «let’s just say I know a guy who knows a guy, who knows another guy»[5] di `Mandala`(2×11) al “Belize” come metafora colorita per l’altro mondo –, Saul Goodman ha la funzione di circoscrivere e intensificare l’elemento comico dello show, permettendo l’approfondimento psicologico di altri personaggi, primo fra tutti l’agente della DEA Hank Schrader (Dean Norris). Egli si afferma inoltre come una figura chiave per lo sviluppo della trama, essendo il primo rappresentante di una dimensione alternativa della città, un universo grottesco fatto di guardie del corpo sovrappeso, personaggi equivoci e balzane attività commerciali, indispensabili, tuttavia, per garantire a Walt di proseguire nella sua attività.
Se da un lato Saul Goodman rappresenta l’elemento umoristico della serie, dall’altro Mike Ehrmantraut (Jonathan Banks) ne costituisce quello malinconico e crepuscolare. Egli viene introdotto come uno dei fantomatici “guys” di Saul, con il compito di ripulire la scena della morte di Jane da elementi che potrebbero aggravare la posizione di Jesse. Osservandolo in azione pare evidente l’omaggio tributato al Mr. Wolf di `Pulp Fiction`, il leggendario cleaner interpretato da Harvey Keitel, ma le analogie tra i due finiscono qui. Mike, infatti, appare meno estroso del personaggio tarantiniano, tanto che la sua figura seria ed enigmatica sembra appartenere più a un film noir che a una commedia dai toni pulp. Solitario, cinico e disilluso, Mike si presenta piuttosto come un criminale d’altri tempi, caratteristica sottolineata dall’utilizzo di stilemi tipici del genere poliziesco, come risulta evidente nella sequenza notturna di `Full Measure` (`Niente mezze misure`, 3×13), in cui lo vediamo introdursi di soppiatto in una fabbrica di prodotti chimici per poi uccidere uno ad uno tutti i sicari presenti sul posto.
Con il procedere della storia, tuttavia, Mike si rivela essere molto più che un abile killer o un problem-solver enciclopedico, mostrandosi spesso nei panni del nonno attento e premuroso, disposto a tutto pur di proteggere l’amata nipotina Kaylee. Queste caratteristiche lo porranno in netto contrasto con la figura Walt, il cui egoismo e paranoia finiranno per impallidire di fronte alla praticità e alla devozione dimostrati dall’ex-poliziotto. Se con Jesse, infatti, Mike riuscirà a instaurare un rapporto di stima e rispetto, con Walt ogni forma di contatto si rivelerà impossibile: a dividerli sarà una visione diametralmente opposta dell’attività criminale, l’una fondata sui valori della lealtà e del dovere, l’altra sulla volontà di affermarsi e di conquistare sempre più potere.
Se con l’introduzione di Saul e Mike `Breaking Bad` sperimenta un importante arricchimento nel cast dei co-primari, sul versante dei villans le novità non sono certo da meno. La morte di Tuco, avvenuta per mano di Hank all’inizio della seconda stagione, infatti, aveva sancito la scomparsa di un antagonista fisico all’ascesa di Walt, una mancanza che necessitava di essere colmata. Ecco dunque comparire sulla scena i gemelli Leonel e Marco Salamanca (Daniel e Luis Moncada), due sicari giunti appositamente dal Messico per vendicare la morte dell’amato cugino, di cui Heisenberg viene ritenuto il principale responsabile.
Imponendosi sulla scena tramite una serie di caratteri disumanizzanti – dagli abiti in grisaille all’assoluto mutismo, dalle movenze robotiche all’utilizzo di un’ascia come arma –, i gemelli Salamanca si configurano come due cattivi volutamente bidimensionali, mossi dal puro motore vendicativo. Emblematico, in tal senso, è il modo surreale in cui vengono presentati allo spettatore, mentre, elegantissimi, strisciano sul terreno in direzione della macchina da presa, ridotti a mero movimento inespressivo. L’idea di Gilligan e soci, infatti, era quella di lasciarli incombere all’orizzonte per tutto il corso delle puntate, rimandando il loro scontro con Walt al finale della terza stagione. Il rischio, tuttavia, era di approdare a una dinamica eccessivamente ripetitiva, circostanza che spinse gli autori a cambiare in corsa i piani. I Cugini vennero dunque eliminati, uccisi ancora una volta da Hank nel corso di una sparatoria al cardiopalma – la scena, posta al termine di ` One Minute` (`Un Minuto `, 3×07), è una delle sequenze più ricche di suspense mai trasmesse sul piccolo schermo –, mentre il “mite” imprenditore del pollo Gustavo Fring (Giancarlo Esposito) venne scelto per sostituirli nel ruolo di cattivo. Finalmente Walt avrebbe avuto modo di confrontarsi con un nemico di pari grandezza, dal momento che l’imperturbabile e logico Gus sembrava avere tutte le carte in regola per imporsi come sua perfetta nemesi.
Fin dal principio, Gustavo Fring sembra essere tutto ciò che Walter White aspira solamente a diventare: un signore della droga potente e rispettato, capace non solo di comportarsi come uno stimabile uomo d’affari, ma anche di possedere un’attività del tutto legale, perfetta per riciclare il denaro sporco – la catena di ristoranti Los Pollos Hermanos. Nel suo essere astuto e misurato, Gus viene dunque guardato da Walt come uno spirito affine, sebbene egli non sembri condividere affatto questa ipotesi: «I don’t think we’re alike at all, Mr. White. You are not a cautious man at all»[6]. Agli occhi di Fring, infatti, Walt è un uomo ancora permeabile alla debolezza: la sua dipendenza da Jesse, lo stolido orgoglio e il bisogno di accumulare soldi il più velocemente possibile lo rendono capace di commettere errori madornali, tali da mettere in pericolo l’intera attività. Tuttavia, in virtù dell’assoluta qualità del suo lavoro, Gus decide comunque di rischiare, ponendo Walt a capo di un sofisticato laboratorio sotterraneo progettato per produrre metanfetamina in quantità massive.
L’incontro con Gus Fring e l’ingresso nel superlab sanciscono un radicale punto di svolta nell’avventura criminale di Heisenberg, tale da costituire l’inizio della sua parabola discendente. Nel suo essere scomodo, poco pratico e poco sicuro, infatti, il Winnebago in cui Walt aveva avviato la propria attività era stato anche un simbolo di assoluta libertà d’azione, grazie a cui si era sentito padrone delle proprie scelte e dei propri ritmi di lavoro. Il super-laboratorio di Fring, al contrario, si presenta come una meraviglia del lusso e dell’efficienza, all’interno del quale, però, Walt non è che un ingranaggio tra tanti, vettore di un processo capace di funzionare anche in sua assenza.
È così che, da professionista serio e affidabile, Walt si trasforma in un agente distorcente e destabilizzante, a cui non basta più lavorare in un luogo scintillante di cui non si sente padrone. Tale disagio esistenziale emerge prepotentemente nella puntata `Fly` (`Caccia grossa`, 3×10), un perfetto esempio di “bottle episode”, in cui vediamo l’ossessione di Walt toccare il parossismo nel momento in cui una mosca arriva a “contaminare” il suo prezioso covo sotterraneo. Alienato e compromesso, Walt si sente prigioniero nella propria gabbia dorata, infettata non solo da un insetto molesto, ma anche dalla consapevolezza del pericolo che quella situazione porta con sé. L’ossessione per l’intruso e la sua caccia per tutto il laboratorio permettono dunque di oggettivare lo stato alterato di Walt, mentre lo spettatore è indotto a esplorare lo spazio in maniera inedita, grazie all’eccellente prova registica fornita da Rian Johnson.
Jesse, nel frattempo, dopo aver faticosamente superato la morte di Jane e la propria dipendenza da eroina, si trova a dover affrontare un altro evento traumatico, ossia la morte dell’amico Combo (Rodney Rush), ucciso sulla piazza di spaccio da Tomás, un ragazzino di soli dieci anni. La sofferenza per la perdita subita e la rabbia per le circostanze in cui è avvenuta, spingono Jesse ad affrontare Gus, che riesce a strappare ai propri sottoposti la promessa di non utilizzare più bambini nel gioco del narcotraffico. Tuttavia, il successivo brutale omicidio di Tomás porta Jesse a perdere di nuovo la ragione, tanto da spingerlo a vendicare la morte del bambino uccidendo personalmente i due spacciatori responsabili. Poco prima di premere il grilletto, tuttavia, Jesse viene soccorso da Walt che, dopo aver ucciso i due uomini, impone al ragazzo di fuggire e du mettere in salvo la vita. Situato all’apice di un episodio magistrale[7], in un crescendo di azione, suspense e violenza, il gesto di Walt, per quanto deprecabile, risulta ancora una volta ammantato di luce positiva: non ci sono dubbi, infatti, sulla bontà delle sue intenzioni, tanto che il «Run!» finale rivolto a Jesse assume un sapore esaltante e liberatorio, quello del trionfo del Bene sulle forze del Male.
Se, da un lato, il salvataggio di Jesse permette a Walt di rinsaldare i rapporti con il suo storico partner, dall’altro arriva a compromettere definitivamente quelli con Gus Fring, ormai deciso ad allontanarlo e a sostituirlo con un altro chimico, l’eccentrico ma inoffensivo Gale Boetticher (David Costabile). Introdotto come assistente di laboratorio dello stesso Walt, Gale rappresenta l’emblema della chimica come scienza positiva, vettore d’incanto e di possibilità infinite – «I love the lab – because it’s all still magic, you know?»[8]. Pur essendo ingenuo e petulante, infatti, Gale mostra di possedere un’intelligenza paragonabile a quella di Walt, per il quale nutre un’ammirazione sconfinata, tanto da dedicargli alcuni versi in cui Walt Whitman celebra il piacere di abbandonarsi alla magia della vita.
Nell’universo di `Breaking Bad`, tuttavia, non può esserci spazio per sentimenti di bontà o meraviglia: rimasto prigioniero di un gioco di rivalità incrociate, infatti, Gale viene ucciso da Jesse che, per amore di Walt, giunge a superare definitivamente la soglia del non ritorno. La terza stagione di `Breaking Bad` si conclude dunque sul primo piano di Jesse che, con gli occhi colmi di lacrime, preme il grilletto in faccia a Gale e allo spettatore. È un’immagine di grande impatto emotivo, capace di innescare il vertiginoso sviluppo degli eventi che, da `Box Cutter` in poi, condurrà la serie a toccare vette di tensione inaudite.
6. «SANGRE POR SANGRE». La parabola di Gustavo Fring
`Box Cutter` (`Il taglierino`, 4×01), primo episodio della quarta stagione di `Breaking Bad`, è il perfetto esempio di come gli autori siano ormai diventati capaci di manipolare i sentimenti del pubblico, costruendo una narrazione lenta e meticolosa per poi farla detonare all’improvviso, senza che lo spettatore possa esserne in qualche modo avvertito. Il risultato sono sequenze di assoluta memorabilità visiva, capaci di entrare di diritto nella storia della serialità televisiva moderna.
Nel caso di `Box Cutter` l’azione si svolge ancora una volta in un solo ambiente, il laboratorio sotterraneo, dove Walter e Jesse si trovano prigionieri di Mike e del suo aiutate Victor (Jeremiah Bitsui): sono tutti in attesa dell’arrivo di Gus Fring, determinato a punirli per la loro ribellione e per il brutale omicidio di Gale. La situazione è carica di tensione, eppure il boss di Los Pollos pare non avere fretta: eccolo, infatti, comparire a fine puntata, pallido e silenzioso, deciso a compiere un gesto che nessuno sembra in grado di prevedere. Mentre Walt tenta di salvarsi con esercizi di vuota retorica, Gus inizia a cambiarsid’abito, togliendosi con cura il completo elegante e indossando gli indumenti protettivi del laboratorio. Dopo aver compiuto questa operazione con calma assoluta, egli si volge a guardare i propri sottoposti, impugnando nel frattempo un taglierino per pacchi. Le sue intenzioni sembrano essere ormai chiare, quand’ecco che, all’improvviso, accade l’impensabile: con uno scatto fulmineo, infatti, vediamo Gus spostarsi dietro Victor e afferrarlo per le spalle, per poi tagliargli la gola in un unico gesto risoluto. La scena è raccapricciante: Walt e Jesse sono paralizzati dall’orrore, mentre Gus li osserva senza battere ciglio, reggendo tra le braccia il corpo di Victor nei suoi ultimi spasmi di vita. Terminata l’agonia dell’uomo, Fring abbandona il suo cadavere sul pavimento per poi tornare a cambiarsi, dirigendosi infine verso l’uscita e pronunciando le uniche parole dell’intera sequenza: «Well, go back to work»[9].
Folle e spietata, quella mostrata in `Box Cutter` è una scena di una tensione quasi assurda, valorizzata dalla straordinaria performance di cinque attori in stato di grazia. Ogni singola reazione all’omicidio di Victor, infatti, risulta calibrata con cura, al fine di trasmettere un significato ben preciso: Gus, innanzitutto, vuole essere certo che nessuno possa fraintendere le ragioni del suo gesto, così come il messaggio di gelido odio trasmesso dai suoi occhi; Walt, al contrario, appare piccolo e terrorizzato, consapevole del potere e della ferocia dell’uomo che ha di fronte. E Jesse? Jesse sembra finalmente risvegliarsi dal torpore in cui lo aveva gettato la morte di Gale, prestando attenzione a ciò che accade e accettandone appieno le conseguenze. Da questo momento in poi, infatti, tutta la quarta stagione di `Breaking Bad` si configurerà come una feroce partita a scacchi, in cui Walt e Gus arriveranno a contendersi non soltanto la ricchezza e il potere, ma anche il segreto appoggio di Jesse. Se Walt potrà contare sulla propria intelligenza e su una disperata volontà di sopravvivere, Gus non si rivelerà certo da meno, sfoderando le proprie abilità con freddo e mefistofelico rigore.
Significativo, in tal senso, è l’inizio dell’episodio `Hermanos` (`Fratelli`, 4×08), in cui vediamo Hank interrogare Gus e domandargli distrattamente se “Gustavo Fring” sia il suo vero nome. Questa richiesta, all’apparenza senza senso, ha in realtà la funzione di sottolineare quanto poco sappiamo sul personaggio, così come sul suo passato in Cile o sui suoi collegamenti con il Cartello. L’alone di mistero relativo alla figura di Gustavo Fring ha sempre fatto parte di una precisa strategia degli autori, volta a rendere quanto più indecifrabili le azioni del villain della serie; tuttavia, proprio `Hermanos` giunge a offrirci un breve quanto intenso flashback, capace di mostrarci un Gus del tutto inedito e, cosa ancor più sorprendente, carico di umanità.
La narrazione ci trasporta indietro di vent’anni, in occasione del primo incontro tra Gus Fring e Don Eladio (Steven Bauer), capos del Cartello di Juárez, con cui il proprietario di Los Pollos Hermanos ha intenzione di stringere un accordo. Ad accompagnarlo è Maximino Arciniega (James Martinez), il secondo “hermano”, con cui Gus sembra intrattenere uno strettissimo legame di affetto e di lavoro. È evidente come il rapporto tra i due sia concepito per riflettere quello che, molti anni dopo, arriverà a legare Walter e Jesse: in entrambi i casi, infatti, ci troviamo di fronte a un mentore e a un allievo, che le circostanze della vita hanno condotto a contatto con il mondo della droga, nella convinzione che le proprie abilità siano sufficienti a garantir loro un sicuro lasciapassare. Tuttavia, se Walt e Jesse hanno avuto la fortuna di superare indenni il battesimo con il Cartello, lo stesso non può dirsi per i loro predecessori: infastidito per i modi poco ortodossi con cui gli è stata chiesta udienza, infatti, Don Eladio ordina l’esecuzione di Max, mentre Gus viene risparmiato in virtù del suo misterioso passato cileno.
È la prima volta che lo spettatore ha modo di osservare Gus mostrare emozioni autentiche, mentre, schiacciato a terra, è costretto a guardare il sangue e la vita scorrere dal volto del suo hermano. Da questo punto di vista, non è difficile vedere il filo rosso che, a partire da quel trauma, ha condotto Gustavo Fring a diventare ciò che oggi conosciamo, ovvero un criminale gelido e spietato, determinato a trionfare e a consumare la propria vendetta. Nell’arco di un paio di episodi[10], infatti, eccolo utilizzare tutto il proprio ingegno per distruggere il Cartello, avvelenando se stesso pur di vedere Don Eladio crollare ai suoi piedi. È un momento di catarsi assoluta, in cui Gus arriva a dispiegare quell’aura di temibile grandezza che Heisenberg, compromesso dall’impazienza e da una megalomania strisciante, non ha ancora avuto modo di mostrare.
Walt, nel frattempo, sta perdendo il controllo su ogni aspetto della sua vita: su Skyler e sulla propria famiglia, innanzitutto, ma anche sulle azioni di Jesse, sempre più legato a Mike e a Gus, tanto da partecipare in prima persona alla vendetta contro il Cartello. Si tratta di una situazione intollerabile per Walt, che tenta in tutti i modi di riallacciare i rapporti con il figlio putativo, convincendolo della pericolosità di Gus e dell’assoluta necessità di ucciderlo. Tale insistenza, tuttavia, provoca l’intervento dello stesso Fring, che in `Crawl Space` (`Nuove identità`, 4×11) rapisce Walt e lo conduce in mezzo al deserto, per poi rivolgersi a lui con poche semplici parole: «If you try to interfere, this become a much simpler matter: I will kill your wife, I will kill your son, I will kill your infant daughter»[11].
Per Walt sembra non esserci più speranza, se non quella della fuga. In preda al panico, lo vediamo dunque precipitarsi verso casa, deciso a mettere in salvo se stesso e la propria famiglia. Ad attenderlo, tuttavia, vi è un’agghiacciante sorpresa: i soldi necessari per fuggire, infatti,sono già stati utilizzati da Skyler per pagare i debiti del suo ex amante, Ted Beneke (Christopher Cousins), al fine di evitare l’intervento del fisco e un suo probabile arresto. La notizia fa precipitare Walt in un vortice di follia, che la regia di Scott Winant riesce a oggettivare in un’inquadratura di una bellezza terrificante, tra le immagini più iconiche presenti all’interno della serie. Sdraiato nello spazio alieno del seminterrato, infatti, vediamo Walt abbandonarsi a un accesso risa, mentre la macchina da presa si allontana mostrandone solo il busto e il volto, come se si trovasse all’interno di una bara. Si tratta di un’immagine di lugubre potenza, volta a sancire un fatto ormai inconfutabile: Walter White è morto e Heisenberg è pronto a risorgere dalle sue ceneri.
Fino a questo punto, gli autori si sono divertiti a giocare con le aspettative del pubblico, portandolo a tifare alternativamente per Walt o per Gus, protagonisti di un gioco al massacro sempre più feroce ed estremo. Tuttavia, nel momento in cui sembra profilarsi l’idea che Gus, pur di annientare il proprio rivale, si sia spinto ad avvelenare un bambino, ecco che gli equilibri tornano a saltare, portando lo spettatore a parteggiare nuovamente perWalt e a sperare nel suo definitivo trionfo. È così che con crescente eccitazione vediamo Heisenberg elaborare il suo piano più ambizioso, tale da comprendere una bomba artigianale come arma e l’odio di un vecchio come innesco. Sfruttando il desiderio di vendetta nutrito da Hector Salamanca (Mark Margolis), ultimo superstite del Cartello di Juárez, Walt riesce infatti ad attirare Gus in una trappola perfetta, rendendolo protagonista di una delle morti più spettacolari mai trasmesse in televisione.
Preciso e impeccabile in ogni suo aspetto, Gus è sempre stato dipinto come un uomo invincibile, un’impressione che gli autori sembrano voler confermare anche nei suoi ultimi istanti di vita. Vi è infatti un breve e terrificante momento in cui, subito dopo l’esplosione, vediamo Fring uscire dalla stanza di Hector sulle proprie gambe, all’apparenza indenne, intento solamente a raddrizzarsi la cravatta. Basta una breve panoramica della telecamera, tuttavia, per rivelare come metà del suo volto sia saltata in aria, una visione mostruosa che, per la prima volta, sembra oggettivare la doppia natura del personaggio. Destinata a imprimersi nella memoria collettiva per gli anni a venire, la débâcle di Gustavo Fring si configura come il massimo tributo possibile a uno dei villain più iconici della serie, così come al suo interprete, Giancarlo Esposito, che per il ruolo riceverà tre volte la candidatura agli Emmy.
Se, da un lato, `Face Off` (`Fine della storia`, 4×13) rappresenta la definitiva uscita di scena di Gustavo Fring, dall’altro sancisce il trionfo assoluto di Heisenberg, ormai libero da qualsiasi tipo di pericolo. È lui stesso a comunicarlo via telefono a Skyler, offrendo come risposta alle sue frenetiche domande soltanto un laconico «I won»[12]. Si tratta di una vittoria all’apparenza impeccabile, destinata tuttavia a venir demolita da un’unica e terrificante rivelazione: è stato Walt, infatti, ad avvelenare Brock, il figlio della fidanzata di Jesse, al fine di compromettere Gus e riconquistare così la fiducia del suo partner. Si tratta del definitivo scarto nel campo dell’abiezione morale, un gesto che neppure il peggiore dei criminali può sperare di commettere impunemente. Eppure, Walt l’ha fatto, mettendo in atto il suo piano in maniera così subdola e nefasta da lasciare attoniti persino i suoi sostenitori più indefessi.
Tenendo questa informazione nascosta fino alla fine, gli autori pongono lo spettatore in una posizione precaria, portandolo a esaminare se stesso e il suo grado di compromissione con il protagonista. Dopo aver trascorso quattro stagioni in compagnia di Walt, infatti, ciascuno di noi si è convinto di poter prevedere le sue azioni con un certo grado di esattezza, nella speranza che certi limiti non sarebbero mai stati superati. Eppure, basta una sola inquadratura per confutare ogni tipo di certezza, dimostrando quanto in realtà ci stessimo sbagliando.
CONTINUA A LEGGERE!
PARTE 1.
La genesi di `Breaking Bad` e il personaggio di Walter White
PARTE 2.
L’evoluzione in Heisenberg e il rapporto tra Walt e Jesse
PARTE 3.
I nuovi personaggi e la parabola di Gustavo Fring
PARTE 4.
La caduta del tiranno e la catarsi finale
[5] «Diciamo che conosco qualcuno che conosce qualcuno, il quale conosce un altro» – `Mandala`(2×11)
[6] «Non credo che ci somigliamo, signor White. Lei non è affatto una persona cauta» – `Mandala`(2×11)
[7] `Half Measures` (`Mezze misure`, 3×12)
[8] «Io adoro il laboratorio! Perché è ancora tutto magico, capisci?» – `Sunset` (`Al tramonto`, 3×06)
[9] «Bene, tornate al lavoro» – `Box Cutter` (`Il taglierino`, 4×01)
[10] `Salud` (`Alla salute`, 4×10)
[11] «Se cerchi di interferire la cosa diventerà ancora più semplice: ucciderò tua moglie, ucciderò tuo figlio e ucciderò anche la tua figlia più piccola» – `Crawl Space` (`Nuove identità`, 4×11)
[12] «Ho vinto» – `Face Off` (`Fine della storia`, 4×13)